A partire dal 2019, l'Annuario dell'Agricoltura Italiana dedica un approfondimento a due catene del valore che hanno il loro nucleo fondante nel sistema agroalimentare, la catena del valore legata alla produzione di cibo, uno dei principali emblemi del Made in Italy, e la catena del valore della bioeconomia, ovvero la componente rinnovabile del sistema produttivo nazionale.
Nel 2021, il sistema agroalimentare italiano nel suo complesso ha prodotto un valore pari a 549,1 miliardi di euro in termini di fatturato, pari al 15% dell'intera economia[1]. L'agricoltura e l'industria alimentare rappresentano insieme il 38,8% del valore; in particolare, l'industria alimentare, con poco più di 151, 5 miliardi di euro di fatturato, spiega il 27,6% del valore mentre l'agricoltura, con 61,6 miliardi di produzione venduta, l'11% circa del valore. Il commercio all'ingrosso e il commercio al dettaglio hanno prodotto insieme il 53% del valore pari, rispettivamente a 152 miliardi e 139 miliardi di euro; infine, la ristorazione con 44,7 miliardi di euro, spiega il restante 8,1% (fig.1).
Il valore complessivo del fatturato agro-alimentare è cresciuto sensibilmente rispetto al 2020, segnando un +8%, in aumento anche rispetto ai livelli pre-pandemia (+2,5% sul 2019 e +5,6% rispetto al 2017) e mostrando una capacità di resilienza di fronte alla sfida dell'emergenza sanitaria che, ricordiamo, ha portato al lockdown delle attività economiche per gran parte del 2020.
Guardando alla dinamica congiunturale del fatturato delle singole componenti, la ristorazione ha fatto registrare le migliori performance segnando un aumento del 22,4% rispetto al 2021; tuttavia, non ha ancora raggiunto i livelli pre-pandemia segnando una riduzione del fatturato del 30% circa rispetto al 2019, con una riduzione del suo peso sull'intero sistema, passato dall'11,7% in media del triennio 2017-2019 al 7,2% nell'anno della pandemia, all'8,1% nel 2021.
La bioeconomia comprende quelle attività economiche che utilizzano risorse biologiche rinnovabili del suolo e del mare - come colture agricole, foreste, animali e micro-organismi terrestri e marini, residui organici - per produrre cibo e mangimi, materiali, energia e servizi. Gli attuali shock internazionali - emergenza pandemica, crisi energetica mondiale con conseguente aumento dei prezzi di materie prime ed utilities, non ultima la guerra in Ucraina - insieme alla ormai evidente necessità di ridurre l'utilizzo di materie prime impiegate nei processi produttivi, pena l'esaurimento irreversibile delle stesse risorse naturali, hanno portato un cambiamento generalizzato di impostazione nei modelli socio-economici, fondati sempre più sui concetti di ottimizzazione, riuso, recupero, riciclo. Pertanto, il concetto di bioeconomia, circolare e sostenibile come ormai viene declinata a livello generale, rappresenta certamente il paradigma vincente su cui strutturare il sistema economico del futuro.
Interventi significativi nell'ambito della bioeconomia circolare sono previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nella missione dedicata alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica con interventi per la diffusione delle energie rinnovabili, la realizzazione di impianti per la raccolta differenziata, il trattamento e il riciclo dei rifiuti, la formazione di catene di approvvigionamento verdi e il potenziamento di filiere produttive strategiche della transizione (agro-alimentare, tessile, elettronica, carta, cartone e plastica).
L'Italia ha promosso nel 2016 la messa a punto di una Strategia nazionale per la Bioeconomia (BIT) e, più recentemente (2019), il suo aggiornamento (BIT II). Obiettivo della Strategia è una maggiore integrazione tra i settori che compongono la bioeconomia, nonché facilitare la cooperazione fra Ministeri, Regioni e Provincie autonome del paese. Nel corso del 2020, il Gruppo di Coordinamento nazionale ha prodotto un piano di azione per il periodo 2020- 2025 comprendente una serie di azioni mirate, raggruppate in quattro macroaree principali: 1) Promuovere lo sviluppo/l'adozione di politiche, standards, etichettature dei prodotti biobased e interventi e incentivi orientati al mercato emergente; 2) Lanciare azioni pilota a livello locale per sostenere la bioeconomia nazionale nel settore agro-alimentare, materiali biobased, forestale, marino e marittimo, nelle aree rurali, costiere e urbane; 3) Valorizzare la conoscenza, la tutela e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi nazionali, nonché i servizi ecosistemici al fine di accrescere la resilienza e l'adattamento ai cambiamenti climatici; 4) Promuovere la consapevolezza, l'aggiornamento delle competenze, l'istruzione, la propensione, la formazione e l'imprenditorialità nel campo della bioeconomia.
Il Piano ha anche fornito alcune proposte per il superamento delle attuali barriere legislative e per sostenere lo sviluppo delle iniziative di bioeconomia in Italia, quali, per esempio, quelle legate alla definizione delle norme per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), degli indirizzi e delle misure per le plastiche monouso, delle norme atte a promuovere lo sviluppo di sistemi efficienti per la raccolta dei rifiuti organici, nonché di quelle dirette a incoraggiare la produzione e l'utilizzo di compost di qualità, lo sviluppo di un quadro legislativo per la promozione dell'ecoprogettazione e il sostegno ai prodotti concepiti per ridurre l'inquinamento e la contaminazione dei suoli.
Nel 2021, la bioeconomia in Italia ha generato un fatturato intorno a 364,3 miliardi di euro e poco più di due milioni di persone occupate, con un peso sul totale economia in termini di produzione pari al 10,6% in crescita negli ultimi quattro anni (era al 9,9% nel 2018), a testimonianza di un elevato livello di resilienza.
Oltre ai costanti trend positivi degli ultimi anni, l'innovatività e la capacità di adattamento del settore sono testimoniate dall'elevato numero di start up censite: sono circa mille realtà (censite a febbraio 2022) a elevato contenuto tecnologico e scientifico con personale estremamente qualificato e ingenti risorse destinate alla ricerca e allo sviluppo di brevetti e innovazioni di processo e di prodotto.
Analizzando l'importanza di specifici settori della bioeconomia sul totale dell'economia nazionale, si registrano performance altalenanti rispetto al 2020: in generale, la filiera agro-alimentare si conferma come settore trainante in termini di valore della produzione e occupazione con un peso percentuale del 59,5% (17,4% Agricoltura, silvicoltura e pesca e 42,1% Alimentare, bevande e tabacco); anche il settore della carta conferma la sua importanza con il 7,6%, seguito da Abbigliamento bio-based, Concia e pelletteria/calzature bio-based, Industria del legno e della carta, Chimica e Farmaceutica bio-based con valori intorno al 4%. Ciclo idrico, rifiuti, mobili e tessile bio-based rappresentano valori intorno al 3% mentre appaiono di minore impatto gomma e bioenergia.
L'Italia si trova oggi in una posizione di leadership nel campo della bioeconomia circolare sostenibile, avendo beneficiato negli ultimi anni sia di importanti percorsi di integrazione tra diversi settori strategici che per caratteristiche geografiche e strutturali; si pensi alla chimica verde e agricoltura, alla costruzione di una filiera integrata per le bioplastiche e biochemical, senza tralasciare il comparto virtuoso delle agroenergie. In questi contesti è stato possibile sviluppare tecnologie prime al mondo, capaci di accelerare la transizione ecologica con modelli sostenibili dal punto di vista sia economico, che ambientale. Tutto ciò è stato possibile anche grazie alla struttura che l'Italia è riuscita a darsi a livello istituzionale, sotto la cabina di regia della Presidenza del Consiglio dei Ministri che dovrà ora riuscire a collegare e possibilmente coordinare i diversi tavoli aperti a livello nazionale ed europeo: il Green New Deal, il PNRR, la PAC, la Direttiva SUP, l'Implementation Action Plan della bioeconomia, l'aggiornamento delle strategie regionali di specializzazione intelligente.
Tatiana Castellotti
Stefano Fabiani
CREA PB
PianetaPSR numero 120 gennaio 2023
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